Giornali italiani, 1786 – 1846

Il periodo rivoluzionario

L’influenza della Francia sul giornalismo politico democratico in Italia si fece sentire fin da prima della Rivoluzione: non si deve dimenticare che il francese era già allora la lingua internazionale per eccellenza. Filippo Buonarroti sarebbe diventato l’erede di Gracchus Babeuf nei movimenti di ispirazione comunista del primo Ottocento. L’arrivo in Italia settentrionale delle truppe francesi avrebbe poi favorito la nascita di un giornalismo democratico in diverse città del nord.

Cultura e politica negli anni della restaurazione

Tre periodici-chiave della storia della cultura italiana. «Il Conciliatore», nato a Milano tre anni dopo il congresso di Vienna, fu oggetto di un duro intervento repressivo che portò il suo «compilatore», cioè redattore, Silvio Pellico, nelle prigioni dello Spielberg. Sebbene fondata negli stessi anni, l’«Antologia» di G. P. Vieusseux poté godere di una ben diversa libertà, grazie al relativo liberalismo del Granducato di Toscana e anche alla sua maggiore prudenza politica. «Il politecnico», il mensile di Carlo Cattaneo, non aveva finalità politiche dirette (nonostante il ruolo svolto dal suo animatore nelle Cinque Giornate e nel dibattito sullo stato italiano), ma esercitò grande e duratura influenza, introducendo nel nostro paese, con spirito critico, temi e conoscenze nuovi.

Leggere e guardare

Un altro passo importante in direzione della nascita del giornalismo moderno nel nostro paese venne compiuto negli anni Trenta-Quaranta dell’Ottocento: diversi editori a Milano, a Napoli, a Torino, diedero vita a periodici illustrati. Il modello soprattutto britannico del giornale da guardare si intrecciava con quello francese del «giornale di conoscenze utili», che nel 1831 aveva permesso a Emile Girardin di divenire il maggiore editore francese.

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